venerdì 28 gennaio 2022

"Insieme verso la vita" brano scritto da me per la raccolta " Maternità possibili" Edizione Scalino (122 Storie, testimonianze e riflessioni sulla maternità)

 

Anni fa, mi fu chiesto insieme ad altre colleghe  di area educativa, di far parte di una antologia in cui si parlava di maternità, la raccolta era edita Scalino

Io pubblicai questo brano e fu accompagnato da un disegno di mia figlia che allora aveva nove anni




Insieme verso la vita

 

Camminare ogni mattina verso il pulmino giallo “canarino” ci riempie di gioia.

Un modo per iniziare insieme la giornata.

L'erba di primavera si impreziosisce di rugiada ed un tappeto di perline trasparenti ci accoglie tra i fiori di tarassaco che guardano il sole con grazia, desiderosi di trasformarsi in soffioni.

Stringo a me mia figlia  e lei si lascia andare a quel contatto affettuoso.

Non è la brezza che qui spira sempre insidiosa a farci avvicinare l'una all'altra.

Ma è una tensione del cuore, un fiume che  si unisce alla sorgente  per riconoscere il suo scorrere.

L'abbandono ad un abbraccio è contemplazione di forza e fragilità insieme.

Il suo corpo esile di bambina si sta irrobustendo piano piano. Gli anni della dieta priva di glutine hanno reso le sue masse muscolari più toniche, ed ora i suoi movimenti non risultano maldestri.

Rivedo  tutte le volte  che la osservavo in difficoltà ed impacciata per la sua fragilità.

Ricordo le rovinose cadute a terra e i suoi occhi smarriti quando si rialzava sconfitta da una lotta con le sue forze.

Insieme abbiamo attraversato ed attraversiamo la celiachia (intolleranza permanente al glutine) con fatica ma anche con gioia.

Scriviamo insieme fiabe, inventando personaggi che prendono vita dall'inchiostro della mia penna e si materializzano con i suoi colori, quasi reali, ad acquarello.

Il suo pennello ha un' anima da quando era piccola.

Lo definiva “un bastoncino con le piume” quasi una bacchetta magica che l'aiutava nella realizzazione di magie sfumate, che materializzavano i suoi pensieri.

Ora il suo pennello pare avere occhi e orecchie.

Sente un linguaggio che le appartiene e  che  io, mamma,  ho sempre ascoltato con rispetto, senza forzature.

Cosi, sino ad oggi, dieci anni sono diventati un album di parole unite ad immagini che hanno contribuito a creare una danza educativa di  molti passi avanti ed  altri indietro.

Tutti insieme hanno valore e producono un percorso familiare di sperimentazione di  sé come dono.

Nella nostra camminata mattutina, con il sole e con la pioggia, parliamo di amici, di compiti in classe, e i nostri passi si fanno eguali.

Alle volte ci capita di  camminare per gioco come fossimo un piccolo plotone di soldatini, una marcia con medesimo ritmo,e ridiamo  sino a che non prendiamo lo stesso passo.

Alla fermata ci scambiamo un sassolino colorato portafortuna, dono per entrambe  in quella giornata.

Esso troverà un posticino custodito nella tasca del giaccone, quasi fosse un tesoro.

Poi, dopo questi gesti complici, ecco, comparire il rombo inconfondibile del pulmino  che si  fa sentire in lontananza.

 Il suo rumore borbottante, lo si riconosce anche al buio.

Carlotta mi guarda e mi chiede con gli occhi  un bacio  in fronte, rituale atteso ogni giorno e rinnovato come costante presenza nella sua vita.

“Ciao Ranocchia” dico io mentre le porte del vecchio macinino si aprono veloci, quasi a voler palesare  che l'età della sua carrozzeria e  la ruggine non  gli impediscono di possedere tutta l'efficienza per restare sulla strada.

Carlotta sale veloce  sul pulmino, quasi temendo di perdere qualcosa, con lo zaino sempre più pesante sulla schiena.

I gradini diventano sempre più accessibili a mano a mano che le gambe si allungano.

Dai passi barcollanti della scuola d'infanzia sino alle falcate di gazzella della quarta classe.

Il tempo viene scandito dalle piccole e grandi conquiste di ogni anno che passa.

Si siede sul sedile rigido e da lassù mi guarda, felice di essere più alta di me.

Mi fa cenno con la mano, un saluto che da esclusivo quale era quello dei primi anni, è divenuto sempre più un cenno di capo perché l'impegno della condivisione con le compagne sta diventando sempre più un bisogno.

Sento che questa è una sua apertura verso la vita e gioisco per lei.

E in questa mattina, come in altri momenti, penso che essere madre sia un lasciare andare i figli verso la vita, la loro, confermando con Amore e presenza la certezza del nostro esserci, qui, semplicemente dietro di loro, non davanti 

 

 

 





giovedì 20 gennaio 2022

Le orme sulla neve OTTAVA PUNTATA di storie di ordinaria Puf-itudine. Un gatto alla scoperta del mondo

 

ORME SULLA NEVE

 






Il dirupo era scosceso e molte orme di un capriolo, parevano tante fitte gocce ma profonde, scavate nella neve alta.

Puf e il suo amico Fulmine, elegante gatto di via del Glicine stavano camminando senza una meta, per il bosco ed osservavano, attenti ogni traccia, incuriositi di conoscere e interpretare la loro natura.

Le tracce degli animali sul sentiero sono un bel linguaggio da decifrare

Fulmine era un gatto nero e bianco e pareva un damerino; viveva da molti anni, ormai, con la sua compagna Lorena, una maestra dolce e amorevole con i più piccoli e con lui.

Lei le raccontava molte favole, seduta sul divano e con tenerezza lo accarezzava, insegnandogli le bellezze del mondo, attraverso tanti racconti che gli avevano fatto conoscere molti animali con la sola fantasia.

Era divenuto così, un esperto delle loro tracce e ne riconosceva l’origine sul terreno.

Quel pomeriggio, aveva appena smesso di nevicare, e i due amici passeggiavano, tendendo le orecchie pelose e aguzzando la vista.

Fulmine mostrò a Puf che quelle che vedeva, erano segnali ben chiari, di passaggio di caprioli.

Ad un certo punto, ascoltarono un frastuono di ramoscelli spezzati e guardarono in distanza.

Videro un capriolo impigliato tra gli sterpi.

Era molto piccolo e forse aveva perso la sua mamma.

I due amici si avvicinarono all’animaletto in difficoltà.

Quasi sempre, nella fatica le forze si uniscono e raddoppiano la loro energia

Cosi, i due amici gatti, fecero il possibile per prestare soccorso al piccolo animale perché di lì a breve, sarebbe scesa la notte e il lupo, o la volpe avrebbero sicuramente avuto la meglio su di lui.

Gimmy, così si presentò, fu molto grato del supporto ricevuto e velocemente si rimise in cammino, visto che la sua tana non era distante da li.

Avrebbe voluto raggiungerla quanto prima, perché i suoi genitori e il nonno cervo stavano sicuramente in pensiero per il suo allontanamento.

I due gatti si rimisero in cammino, felici della bella avventura, nella consapevolezza che il verbo aiutare è insieme a quello di amare, il più bello del mondo.

 

 

 

 

martedì 18 gennaio 2022

GELSI Racconto a concorso " scrittura tutta al femminile" marzo 2021 e pubblicato nella raccolta " La forza della vita" a cura del Comune di Campoformido

 GELSI

 

Ho preso a prestito l’Anima della natura perché dialogasse con i  ricordi ed emozioni  di un uomo che parla d'Amore e ne traducesse i significati.





 

 


 





Restava fermo vicino al gelso.

Guardava lontano, mentre con una mano giocherellava con l'orecchio del suo cane.

Il calare della sera, in quel mese di aprile, odorava d'umidità.

I tarassachi schiudevano le loro corolle come piccoli soli nel mare d'erba.

L'uomo batteva con ritmo lento il piede destro a terra, chiuso nello zoccolo di legno. La falce luccicava, al chiarore di quel tramonto, appoggiata a terra.

Tutto pareva incastrato, pezzo dopo pezzo, in un piccolo puzzle di silenzio.

Stava pensando a lei.

Da tempo lo faceva.  

Dentro di lui, i rigidi schemi di appartenenza e la buona educazione, bloccavano ogni suo slancio intenso. 

Quella corrente, era molto simile a un rivolo d’acqua di fiume di montagna, sempre attivo e mai stanco di esistere. 

Non era solo passione, era molto di più.

Lui l’aveva incontrata per strada, si erano incrociati con lo sguardo per non slegarsi più. 

Anime antiche in dialogo sottile.

Poche parole, piccoli attimi avevano fatto nascere una storia importante, silenziosa e rispettosa.

Ora era lì, con il cuore in tumulto a cercare di comprendere, quale corso avrebbe preso la sua vita.

L'aveva incontrata al paese, poco tempo prima e solo per averla sfiorata con lo sguardo, avrebbe desiderato fosse sua in un abbraccio.

“Esiste il possesso? Si possiede un legame, una persona?”

Si chiese, corrugando la fronte.

Una voce interiore gli diceva" Siamo liberi come il vento soffia tra il grano e le coltivazioni. La nostra anima è libera di volare e attraversare con le sue ali, il viaggio del cuore che le appartiene di più." 

L'amore è atto libero. Non si compra, né si conquista: è!

Così davvero si manifesta. 

Forse, le parole che spesso sentiva in lui, erano la voce di Janus,

un vecchio saggio che da bimbo lo rasserenava.

Gli teneva la testa tra le gambe, durante le sere di paese, in cui si restava seduti in strada e ci si raccontava dei tempi andati.

Janus gli sfiorava il volto con leggerezza, attraverso un tocco delicato di cura.

Le due mani dell'anziano, pur odorando di tabacco ed essendo di color nero, avevano un calore che mai aveva sentito prima.

In quei ritrovi lungo la strada, si chiacchierava seduti, sino a notte fonda, delle vicende accadute in paese e, magari, ognuno diventava pescatore, ripescando ricordi nel fiume della vita.

Il campanile rintoccò l’ora sesta, e richiamò l’uomo dai suoi pensieri lontani. 

Quel suono lo ascoltava sempre.

L’ora della preghiera accompagnava i contadini nella vita nei campi, ed era preziosa quanto i momenti scadenzati del pranzo, della cena e dell’andare a letto.

Il Don del paese, quando era piccolo, lo inseguiva per convincerlo a "servir messa" e lui correva tra i campi a cercar grilli chiamandoli fuori dalle tane con un filo d’erba. Era un prete di campagna rosso in volto ma dal cuore grande che batteva all'unisono con quel Gesù, di cui lui stesso era testimone con la sua generosità.

Le campane, quel giorno, martellavano insieme ai battiti del suo cuore. Si aprì la camicia di lana grezza ed il suo petto mostrò, ancora, la forza dei suoi anni.

Annusò l’aria fresca, guardando verso il Matajur e il Monte Nero e fu grato a quelle due montagne che per lui erano alti fari tra le colline friulane.

Fu rapito per un attimo, dal gelso vicino, attorcigliato su se stesso perché gli raccontò, in uno sguardo solo, la fatica della sua fioritura.

Gli parlò della forza che un tronco possiede, oltre le intemperie, e gli fece guardare quanto slancio le foglie lucide portano in sé, per andare verso il cielo. Esse si tendono alte sino a raggiungere quasi il paradiso.

Comprese, attraverso tutto questo, che il valore ci riguarda. Riguarda noi per primi e a seguire le scelte che facciamo. "Ci vuol coraggio" si disse... Senza di esso la vita non può fiorire.

Ebbe chiaro il suo viaggio del cuore.

Prese in spalla la falce e si incamminò lungo il sentiero. 

Il cane, silenzioso sino a quel momento, abbaiò quasi a confermare ogni sua scelta e lo seguì scodinzolando.

Un raggio di luce caldo, accompagnò i suoi passi sicuri.

Lui non se ne accorse ma fu come gli accarezzasse il volto.

Ora sapeva dove andare.

L’Amore avrebbe guidato il suo cuore verso la Donna che aveva incontrato la sua anima più vera.

 

 

Lettera al maestro Benito Beltrame della Val Colvera

Caro Benito, Di te ho un caro ricordo ed oggi , giornata di primavera che tu amavi molto insieme ai suoi tanti fiori, ripenso a te con grat...